1,13 miliardi di persone con la pressione arteriosa elevata. Un numero che è raddoppiato dal 1975 a oggi, e che, considerando le complicanze che questa condizione provoca (ictus e infarto, primi fra tutti), configura uno scenario preoccupante per il futuro. Sono i risultati di un’indagine scientifica che ha coinvolto 1.479 differenti ricerche condotte in vari Paesi dal 1975 al 2015, per un totale di 20 milioni di persone studiate. Guidata dall’Imperial College di Londra, e con la partecipazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la ricerca ha visto il contributo dei dati raccolti dal Progetto Moli-sani dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS). 

Pubblicato sulla prestigiosa rivista britannica The Lancet, lo studio ha permesso di valutare la situazione dell’ipertensione a livello di tutti i continenti, con risultati estremamente interessanti. Corea del Sud, Stati Uniti e Canada sono, ad esempio, i Paesi con la minore prevalenza di pressione elevata. In Europa il primato appartiene al Regno Unito. E’ un dato che può apparire strano, considerando che, nell’immaginario popolare, proprio Stati Uniti e Gran Bretagna, anche per via del modello alimentare seguito, sono alcuni dei luoghi in cui ci si aspetterebbe una situazione più difficile dal punto di vista della prevenzione. “Il fatto – ha commentato Majid Ezzati, professore nell’Imperial College di Londra e principale autore dello studio – è che oggi l’ipertensione non è più legata alla ricchezza, come era nel 1975. Anzi, oggi è un problema di salute tipico della povertà”.

Un fenomeno che, secondo l’ipotesi più accreditata, è dovuto a un migliore stile di vita tra le popolazioni che vivono in condizioni di benessere. Spendono di più per una migliore alimentazione, ad esempio, e fanno più attività fisica.

Più in dettaglio, parlando dello scenario europeo, nel 2015 il Regno Unito ha visto solo il 18% degli uomini e il 12% delle donne affetti da ipertensione, un contrasto nettissimo con la Croazia (38% di uomini ipertesi). In Italia la situazione è intermedia, con le quote rosa che se la cavano bene: l’ipertensione colpisce infatti il 25,2% degli uomini e il 17,1% delle donne, a fronte di una media mondiale, rispettivamente, di 24,1% e 20,1. E’ da considerare che la situazione di partenza nel nostro Paese non era facile. Nel 1975 la percentuale di persone con pressione arteriosa elevata era nettamente al di sopra della media: negli uomini era il 39,3% rispetto al 29,5% mondiale, nelle donne il 32% contro il 26,1%. Anche l’Italia, quindi, ha partecipato al calo dell’ipertensione osservato nei Paesi più sviluppati. Ma c’è ancora molto da fare, se vogliamo diventare più “Inglesi”.

“Valutare la situazione dell’ipertensione dice Licia Iacoviello, capo del Laboratorio di Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli e responsabile del progetto Moli-sani – è un obiettivo cruciale. Si tratta di un problema enorme a livello mondiale per la salute dei cittadini, e le autorità sanitarie sono fortemente impegnate in campagne di prevenzione. Conoscere quanto sia diffusa, e quanto gli interventi siano efficaci nel ridurne l’incidenza, significa affrontare meglio quella che è una vera e propria emergenza sanitaria”.

Lo Studio Moli-sani, con i suoi 25.000 partecipanti, tutti residenti in Molise, ha raccolto dati preziosi che hanno arricchito in modo significativo queste osservazioni condotte in tutto il mondo.

“E’ un grande contributo quello che la gente del Molise sta dando alla medicina mondiale. Commenta Giovanni de Gaetano, capo del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed – E’ una scommessa partita più di dieci anni fa: fare del Molise un grande laboratorio scientifico, assieme ai cittadini. E offrire risposte ai ricercatori di tutto il mondo”.